Rido, quando sento dire che il pesce nell’acqua ha sete…
E così voi vagate senza sosta di foresta in foresta
senza capire che la realtà abita in voi.
Questa è la verità:
andate dove credete, a Benares o a Mathura,
ma finché non troverete Dio nella vostra anima,
il mondo intero vi sembrerà senza senso.
Kabir

 

Lunedì sera 18 febbraio alle ore 21
al Caffé Freud di Roma (Via Angelo Poliziano, 78A)
si terrà un incontro dal titolo
«Sveglia Kundalini!».

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Ho raccolto di seguito alcune citazioni pensando che possano essere utili come sollecitazioni per una prima definizione del significato dell’energia kundalini, e possano servire anche come iniziali cenni bibliografici.
La prima di queste citazioni aiuta a cercare il significato etimologico della parola kundalini e ne evidenzia il contenuto spirituale.

In ogni individuo c’è una forma particolare di energia. In alcune persone questa è latente, in altre è in evoluzione e in un ristretto numero di persone questa è realmente risvegliata.
In principio l’uomo chiamò questa energia con nomi di dee, dei, angeli o divinità. […] Nel tantra venne chiamata kundalini.
In sanscrito kundal significa spirale, così la kundalini è stata descritta come “ciò che è avvolto in spire”. Questa è la credenza tradizionale ma non è stata capita in modo corretto. La parola kundalini effettivamente deriva da kunda, che significa “un luogo molto profondo, una buca o una cavità”. Il fuoco che viene usato durante le cerimonie di iniziazione viene acceso in una cavità chiamata kunda. Similmente, il posto dove si brucia il corpo di un morto è detto kunda. Se scavate una buca o un fosso, quello viene chiamato kunda. Kunda si riferisce alla cavità in cui risiede il cervello, somigliante ad un serpente addormentato avvolto a spirale (se avete l’opportunità di esaminare una sezione anatomica del cervello umano, vedrete che ha la forma di una spirale o di un serpente attorcigliato su se stesso). Questo è il vero significato della kundalini.
[…]
Qualsiasi cosa avvenga nella vita spirituale, è in relazione al risveglio della kundalini, e lo scopo ultimo di qualsiasi forma di vita spirituale, che sia chiamato samadhi, nirvana, moksha, comunione, unione, kaivalya, liberazione o in qualsiasi altro modo, è di fatto il risveglio della kundalini.

Swami Satyananda Saraswati, Kundalini Tantra,
Edizioni Satyananda Ashram Italia, Trarivi di Montescudo, 1994.

La seconda, oltre a ribadire la dimensione spirituale a cui la parola fa riferimento, entra nel merito, con una certa attenzione filologica, del simbolismo del serpente.

Recita la Shivasamhita: «In questo loto chiamato adhara, nel pericarpo, c’è la bella yoni triangolare, la cui esistenza è tenuta segreta in tutti i Tantra. Qui, in forma di lampo simile a liana, vi è la dea suprema, Kundali, arrotolata in tre spire e mezza, che sta sulla bocca della sushumna. Essa ha la forma della forza creatrice del mondo, è sempre impegnata nell’attività della creazione, è la dea della parola che non può essere descritta a parole, è sempre venerata dagli dèi» (II, 22 24).
La Hathayogapradipika afferma che Kundalini è il supporto di tutte le pratiche yoghiche e la descrive addormentata nel muladhara chakra, con la testa che ostruisce la «porta di Brahma», ovvero l’apertura inferiore della sushumna.
[…] Kundalini viene identificata con la Shakti, l’energia creatrice che, nel mito, è la consorte di Shiva, e viene inoltre paragonata a un serpente. L’associazione con il serpente affonda le radici nelle tradizioni anarie, alle quali il tantrismo si ricollega per molti aspetti. Nel mondo indomediterraneo gli ofidi sono oggetto di timore e di venerazione, associati con la Dea Madre, la fecondità, le acque e le divinità ctonie. La stessa ambiguità viene conservata nella tradizione indiana, dove l’antico serpente Ahirbudhnya, celebrato nel Veda e accostato nel culto ad Aditi, una delle divinità più antiche, è invocato per ottenere nutrimento e vigore. Esso regna nelle profondità imperscrutabili dell’oceano e nelle viscere della terra, dove sono nascosti i tesori.
I naga (serpenti), nei confronti dei quali si pratica ancora oggi in India un culto molto vivo, combattono una lotta mortale con Garuda (l’avvoltoio divino che funge da veicolo di Vishnu) per il possesso dell’amrita, il nettare che conferisce l’immortalità. Anche Kundalini rivela aspetti malefici e benefici: avvolta in spire, versa veleno e rappresenta l’energia latente, incontrollata, profonda, talvolta anche inquietante, ma quando si rizza perde ogni potere malefico e conferisce beatitudine. Il suo risveglio mette a disposizione del praticante quell’energia che è presente come pura potenzialità in ogni essere, ed è alla base di tutti i poteri. Si tratta di energia ignea, come mettono in rilievo i Tantra buddhisti e i miti hindu.

Stefano Piano (a cura di), Enciclopedia dello yoga, Promolibri, Torino, 1996.

Anche questa terza citazione ci richiama alla dimensione mistica che sottende il risveglio della kundalini e che quindi permea tutto il Kundalini yoga.

L’oscurità che avvolge il nostro tema non è frutto di una scelta. […]
L’oscurità dipende soprattutto dalla natura stessa dell’energia kundalini. Malgrado la si avverta con intensità e i suoi effetti siano notevoli, essa resta incomprensibile e inesprimibile per l’intelletto. Interi volumi non potrebbero renderne minimamente l’idea e tuttavia per chi la sperimenta essa è semplice come la vita, meglio ancora, essa è la fonte di ogni vita. E com’è possibile definire la vita?
[…]
Riuscire a far risalire la kundalini non è facile: non ci si può dedicare a questa pratica senza un maestro accorto e senza aver avuto accesso all’interiorità; infatti si può sviluppare una vita mistica profonda anche senza la conoscenza o la pratica dell’ascesa della kundalini, ma non ci può essere pratica piena e completa di questa ascesa senza una reale vita mistica. La kundalini può svegliarsi e salire spontaneamente solo sullo sfondo continuo di un raccoglimento che non ha niente in comune con la concentrazione: non si tratta di concentrarsi mentalmente, ma di essere naturalmente «centrati» nel cuore. Sarebbe infatti paradossale voler applicare il pensiero alla risalita della kundalini, il cui risveglio dipende proprio dal dissolvimento dell’attività mentale.

Lilian Silburn, La kundalini o L’energia del profondo, Adelphi, Milano, 1997.
 
Yogi Bhajan, lo yoghi che più di ogni altro ha insegnato il Kundalini yoga in Occidente, porta l’attenzione sull’aspetto profondamente umano (e in questo senso mistico) di questa disciplina e ricerca:

Tutte le forme di yoga sono in rapporto con lo stesso tema di base: il risveglio della kundalini.
Studiare l’energia kundalini significa studiare l’essere umano nella sua totalità.
La kundalini è l’energia che sta alla base della coscienza, del suo sviluppo e delle trasformazioni.
È la totalità dell’energia cosmica contenuta nell’individuo.
Kundalini deriva dalla parola sanscrita Kundal che significa «Il ricciolo dei capelli dell’amato».

Appunti personali presi durante un seminario tenuto da Yogi Bhajan.
 
Non si discostano – nel loro fondamento – dal pensiero degli altri autori queste riflessioni di René Guenon:

Kundalini è un aspetto della Shakti intesa come forza cosmica: si potrebbe dire che essa è questa forza stessa in quanto risiede nell’essere umano, nel quale agisce come forza vitale; e il nome Kundalini significa che essa viene rappresentata arrotolata su se stessa al modo di un serpente; le sue manifestazioni più generali si effettuano del resto sotto la forma di un movimento a spirale che si sviluppa a partire da un punto centrale che ne è il «polo». L’«arrotolamento» simboleggia uno stato di riposo, quello di una energia «statica» dalla quale derivano tutte le forme di attività manifestata; in altri termini, tutte le forze vitali più o meno differenziate che sono in costante azione nell’individualità umana, nella sua duplice modalità sottile e corporea, non sono che aspetti secondari di questa Shakti, la quale in sé, come Kundalini, permane immobile nel «centro radice» (muladhara), in quanto fondamento e sostegno di tutta la manifestazione individuale. Quando essa è «risvegliata», si srotola e si muove in direzione ascendente […] per unirsi infine a Paramashiva nel «loto dai mille petali» (sahashrara).
La natura di Kundalini viene descritta a un tempo come luminosa (jyotirmayi) e sonora (shabdamayi o mantramayi); è noto che la «luminosità» è considerata caratteristica propria dello stato sottile, ed è d’altra parte noto anche il ruolo primordiale del suono nel processo cosmogonico; molto ci sarebbe da dire, inoltre, sulla stretta relazione esistente tra suono e luce.
[…] Lo yogi […] non aspira al possesso di nessuno stato condizionato, quand’anche fosse uno stato superiore o «celeste», per elevato che esso possa essere, ma unicamente alla «Liberazione».

René Guenon, Studi sull’Induismo, Luni editrice, Firenze Milano, 2006.